giovedì 27 ottobre 2011

DONNE SIETE PRONTE PER LA STORIA?

Ellen Johnson Sirleaf, Nobel per la pace 2011, è un tipo tosto. Si sente dalla voce. E non solo quando arringa dal palco con “donne, siete pronte per la storia?”. Anche al telefono, per un’intervista, procede con tono deciso.
La presidente della ricostruzione liberiana, apprezzata a livello internazionale per aver saputo mantenere la pace dopo 14 anni di guerra civile, in un’intervista pubblicata oggi sul “Corriere” sostiene che le donne al comando hanno una marcia in più rispetto agli uomini perché
“quasi tutte tendono a portare nel loro lavoro una quota extra di sensibilità per il fatto di essere madri”.
Parla della sua esperienza di capo di Stato della Liberia (prima donna eletta in Africa) e dice che in questi sei anni
“grazie al mio istinto materno abbiamo saputo rispondere a donne e giovani. Non a caso mi chiamano Mama Ellen. Nel mio Paese mi considerano la madre della nazione”. 
Ellen Johnson (Sirleaf è l’ex marito e padre dei suoi quatto figli) da un lato trasforma in vantaggio quello che per secoli ha relegato le donne all’interno delle mura domestiche (l’esperienza della maternità, appunto); dall’altro sembra proporre una “visione maternalistica” del potere che, come quella paternalistica, rischia di ridurre i cittadini a minorenni.

 Una visione originale, che non si ritrova in altre protagoniste della lotta per l’emancipazione delle donne, molte accorse la scorsa settimana da tutto il mondo a Rimini per le Giornate internazionali del Centro Pio Manzù dedicate quest’anno al XXI secolo come secolo delle donne.
Interessante l’intervento di Ngozi Okonjo-Iwela, ministra dell’Economia e delle finanze della Nigeria, premiata con la medaglia d’oro del presidente della Repubblica italiana, che ha detto:
“Non possiamo riprendere la crescita a ritmi accelerati se non sfruttiamo tutta la capacità produttiva di ogni parte della popolazione, incluse le donne. Non possiamo più permetterci il lusso dell’esclusione. C’è un proverbio i Nigeria che dice: “La mano destra lava la sinistra e se la sinistra lava la destra tutte e due si puliscono”
E ancora:
“Se ci fossero state Lehmann sisters anziché brothers non avremmo avuto i disastri registrati a livello globale”.
 Credete anche voi che le donne siano leader migliori, con una marcia in più, rispetto agli uomini?
La maternità le mette in una posizione di “vantaggio”? Oppure sono altri i punti di forza della leadership al femminile? 
Ps: tra l’altro la leader che la Sirleaf apprezza di più è la Merkel. Che  non ha figli…

mercoledì 26 ottobre 2011

INFORMATICA AL FEMMINILE

Ibm, una donna alla guida del gigante

La 53enne Virginia Rometty al vertice di Big Blue dopo l'addio di Sam Palmisano

da Il Corriere della Sera


La 53enne Virginia Rometty al vertice di Big Blue dopo l'addio di Sam Palmisano
Virginia R0metty ()
Virginia R0metty ()
MILANO - Una donna alla guida di Ibm: Virginia Rometty, detta «Ginni», diventerà dal primo gennaio del 2012 amministratore delegato e presidente del colosso informatico statunitense.
L'ADDIO A PALMISANO - Attualmente capo del marketing e senior vice president dell’azienda, la manager raccoglie il testimone del sessantenne Samuel J. Palmisano, che dopo aver lavorato come Ceo di Ibm per quasi dieci anni manterrà l’incarico di presidente del Consiglio di amministrazione. È la prima volta che una donna arriva a ricoprire il ruolo di Ceo dell’azienda informatica Usa. Cinquantatreenne, ingegnere, Rometty ha alle spalle una militanza trentennale in Ibm: ha infatti cominciato a lavorare nell’azienda nel 1981. La sua nomina estende il potere «al femminile» nel settore tecnologico, dopo che lo scorso mese Meg Whitman è stata scelta come amministratore delegato di Hewlett Packard.

venerdì 21 ottobre 2011

CON MERITO,NEL MERITO

Questa mattina il Ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna ha partecipato ad un convegno presso la sede centrale della Banca d'Italia per discutere sul ruolo delle donne nella crescita economica, ma anche di equità e uguaglianza.
“Sulla base di classifiche internazionali, l'Italia risulta essere un Paese che, in termini di divari di genere, è ancora lontana dagli standard della maggioranza degli Stati europei, ragione per cui abbiamo deciso, negli ultimi mesi, di correre ai ripari. Governo e Parlamento sono intervenuti in maniera decisa, su più fronti, allo scopo di risalire le classifiche” ha detto il Ministro Carfagna intervenendo all’appuntamento. “L'approvazione della legge sulle quote rosa nei cda – ha proseguito il Ministro per le Pari Opportunità - avvenuta di recente in Parlamento, ha già avviato un percorso importante di femminilizzazione di un contesto che, fino ad oggi, era stato quasi esclusivamente maschile e, certamente,  questo cambiamento, che è innanzitutto culturale, provocherà un effetto domino anche in quei settori non coinvolti direttamente dalla legge. Credo che la nostra società sia matura per strumenti che consentano un ulteriore passo avanti e, per questa ragione, ho presentato un disegno di legge, attualmente in discussione alla Camera, che riporterà la parità negli organi elettivi dei Comuni, introducendo la preferenza di genere, aggiuntiva e facoltativa. Contemporaneamente, visto che l'assenza di servizi, come emerge dagli studi presentati oggi, spesso costringe le donne a rinunciare al lavoro, abbiamo finanziato strutture che favoriscano la Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, come gli asili”.
In questa occasione il Ministro Mara Carfagna ha anche lanciato un appello al sistema bancario rispetto al risultato di alcuni studi, secondo cui nell’acceso ai fidi bancari le micro-imprese guidate da donne pagano un tasso di interesse dello 0,3%  più alto rispetto a quelle che hanno un uomo come titolare. “Tale differente trattamento non trova la propria giustificazione nel fatto che le imprese femminili siano più rischiose delle corrispondenti aziende al maschile, tenuto conto che le imprese guidate da donne tendono anzi a fallire di meno”, ha concluso.
18 ottobre 2011

mercoledì 19 ottobre 2011

A PROPOSITO DEI BLAC BLOCK.....

Non cadiamo nella loro trappola, non finiamo tutti quanti ostaggi dei violenti. Sono "solo" dei criminali, degli spiantati, gente che non vale l’inchiostro dedicato loro. L’errore è già stato commesso, consentendo loro di fermare i lavori dell’alta velocità in Val di Susa e lasciando credere che contino qualche cosa. Vanno solo individuati, arrestati e puniti, reprimendo una rete che non è un movimento politico (anche in quel caso andrebbe represso), ma un insieme di teppisti che puntano a imporsi scassando e a realizzarsi nella violenza. Quello fotografato nel mentre lancia un estintore dice: non sono un black bloc. Gli credo, più semplicemente è uno che merita la galera. Attenti anche a non credere che si debba limitare la libertà di tutti, per poterli ingabbiare. É sufficiente far funzionare la giustizia e affrontare senza paura i tanti che sono pronti a dir minchionerie sul disagio sociale, l’esclusione, le loro buone ragioni e la necessità di comprenderli. Non c’è un accidente da comprendere, questa è gente che sfascia per il gusto di sfasciare. Non servono leggi d’emergenza, semmai servono leggi ragionevoli e serie. Prendete il caso concreto delle telecamere e delle intercettazioni telefoniche: a Londra sono strumenti di prevenzione, utilizzati dalle forze dell’ordine, in Italia sono o materia per discutere (del tutto a sproposito) di privacy, oppure roba messa nelle mani dei magistrati che sbobinano per poi passare ai giornali. La legge deve cambiare, ma nel senso di offrire più garanzie ai cittadini e all'ordine pubblico, prendendo esempio dagli inglesi: le intercettazioni non sono prove, ma strumenti d’indagine, non si depositano e non si pubblicano, non arrivano al magistrato (se non in casi eccezionali), ma si usano per prevenire e per raccogliere prove, con le quali, in pochi giorni, si ottiene la condanna di chi mette a ferro e fuoco le piazze. Non lasciatevi distrarre da questi criminali, né lasciatevi traviare da chi vi suggerisce di doverli «capire». Se siamo nei guai è perché la nostra giustizia non funziona e non è capace di condannarli alla giusta pena (non esemplare, giusta). Corriamo dei rischi perché la giustizia ha deragliato. Rimettiamola sui binari e puniamo la teppa. Saremo più sicuri e più civili.
Davide Giacalone da Il Tempo

venerdì 7 ottobre 2011

A TRE DONNE IL NOBEL PER LA PACE

Oslo - Ellen Johnson Sirleaf, Leymah Gbowee, Tawakkul Karman. A queste tre donne va il premio Nobel per la Pace 2011. La Sirleaf è presidente della Liberia, la Gbowee, anche lei liberiana, è un avvocato. La terza donna è l’attivista yemenita Tawakkol Karman. Hanno portato avanti battaglie tra loro diverse ma accomunate dallo stesso fine: la piena partecipazione delle donne alla vita politica e civile e alla costruzione della pace. Secondo le intenzioni del comitato promotore il premio è un riconoscimento del rafforzamento del ruolo delle donne, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Alla vigilia la Sirleaf era tra le favorite, insieme agli attivisti egiziani per la "primavera araba" e all'Unione europea. 
La Sirleaf è la prima donna a diventare presidente in Africa. E' arivata al potere nel 2005: la "Signora di ferro" è impegnata nella ricostruzione del suo Paese, devastato da 14 anni di guerra civile. che ha causato 250.000 morti. Economista, Master of Public Administration all’Università Harvard nel 1971, la Sirleaf va in esilio a Nairobi, in Kenya, nel 1980, dopo il rovesciamento dell’allora presidente William Tolbert. Torna in patria solo nel 1985, per partecipare alle elezioni del Senato della Liberia, ma quando accusa pubblicamente il regime militare viene condannata a dieci anni di prigione. Rilasciata dopo poco si trasferisce a Washington e torna in Liberia solo nel 1997 nel ruolo di economista, lavorando per la Banca Mondiale e per la Citibank in Africa. Corre per la prima volta alle presidenziali contro Charles Taylor nel 1997, ma raggiunge solo il 10% dei voti, contro il 75% di Taylor, che poi l’accusa di tradimento. Dopo la sua vittoria alle elezioni del 2005, Johnson-Sirleaf pronuncia uno storico discorso alle camere riunite del Congresso degli Stati Uniti, chiedendo il supporto americano per aiutare il suo paese a "divenire un faro splendente, un esempio per l’Africa e per il mondo di cosa può ottenere l’amore per la libertà". Johnson-Sirleaf è madre di quattro figli (due vivono negli USA e due in Liberia) e ha sei nipoti, alcuni dei quali vivono ad Atlanta. 
Leymah Gbowee è una militante pacifista e nonviolenta che ha contribuito a mettere fine alle guerre civili che hanno dilaniato il suo paese sino al 2203. Da poco ha pubblicato la sua autobiografia, "Mighty Be Our Powers: How Sisterhood, Prayer, and Sex Changed a Nation at War" ("La forza dei nostri poteri: come le comunità di donne, la preghier e il sesso hanno cambiato una nazione in guerra"). Tra le iniziative più note dell’attivista, di etnia Kpellè, nota anche come "la guerriera della pace", va ricordato "lo sciopero del sesso", un’iniziativa che costrinse il regime di Charles Taylor ad ammetterla al tavolo delle trattative per la pace.
Tawakkol Karman ha 32 anni, gli stessi da quando Ali Abdallah Saleh è presidente in Yemen. Da anni impegnati per i diritti umani, è divenuta la leader della protesta femminile contro il regime. Giornalista e fondatrice dell’associazione "Giornaliste senza catene" e militante nel partito islamico e conservatore Al Islah, primo gruppo di opposizione, nel gennaio di quest’anno è stata arrestata dalle autorità yemenite, costrette poi a rilasciarla sotto la pressione delle manifestazioni in suo sostegno, che hanno portato in strada migliaia di persone. 

da  Il Giornale
 

mercoledì 5 ottobre 2011

DOVER RICORRERE AL CONSIGLIO DI STATO PER UN DIRITTO SANCITO....

ARRIVARE IN REGIONE. SPINTE DAI GIUDICI

Da Arcipelagomilano.it

4-10-2011 by D. Martini e A. Ronchini  Stampa
Due associazioni femminili milanesi, Articolo 51 e DonneInQuota, hanno deciso di promuovere l’appello in Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR Lombardia di Febbraio di quest’anno, continuando così il percorso iniziato la scorsa estate.  Perché hanno impegnato tempo e risorse in una battaglia di diritti difficile, sconosciuta ai più, ignorata da giornali e TV? Perché dal 2005 a oggi le donne italiane sono costrette a lottare a colpi di ricorsi al Tar per vedere rispettato un articolo della Costituzione?
L’avvocato delle associazioni, Massimo Clara, ha commentato così la sentenza “Il Tar ha ritenuto – sbagliando – che le norme a tutela dell’equilibrio nella rappresentanza siano solo programmatiche, e non precettive: siano insomma una dichiarazione d’intenti, senza costituire obblighi giuridici. Ma oggi ampia giurisprudenza contrasta quest’approccio, che tra l’altro svilisce lo Statuto della Lombardia e l’applicazione dei principi della nostra Costituzione”. Perché Articolo 51 e DonneInQuota hanno impegnato tempo e risorse in una battaglia di diritti difficile, sconosciuta ai più, ignorata da giornali e TV?
La pari rappresentanza politica negli organi elettivi è un diritto sancito dall’Articolo 51 della Costituzione Italiana. Inoltre, Regione Lombardia ha nel suo Statuto una precisa norma che recita all’articolo 11 quanto segue: “La Regione riconosce, valorizza e garantisce le pari opportunità tra uomini e donne in ogni campo, adottando programmi, leggi, azioni positive e iniziative atte a garantire e promuovere la democrazia paritaria nella vita sociale, culturale, economica e politica” .
Questa norma è stata chiaramente disattesa dalla composizione della Giunta uscita dalle elezioni del 2010, e pensare che, quando è stato pubblicato nel settembre 2008, lo statuto di Regione Lombardia era l’unico Statuto in Italia a parlare di democrazia paritaria! Una sola assessora, per di più in assessorato di secondo piano, ininfluente dal punto di vista decisionale, non può essere il rispetto del “riconosce, valorizza e garantisce ….”. La battaglia delle Associazioni Articolo 51 e DonneInQuota, è appunto una battaglia per il rispetto delle regole. Dal 2005 a oggi sono quasi una ventina i ricorsi in tutta Italia per giunte monogenere o con solo una donna e da febbraio di quest’anno alcune sentenze hanno stabilito il principio della parità della rappresentanza di genere (Regione Campania, Roma, Regione Sardegna), per cui non possiamo tollerare che in Lombardia si faccia finta di nulla.
Non è ammissibile che in un momento economico così difficile si rinunci al Fattore D, proprio in Lombardia, motore economico, innovativo, europeo del Paese Italia, non è tollerabile che la Regione che ospiterà Expo 2015, non attui il principio di riequilibrio di genere. Soprattutto dopo il risultato delle recenti elezioni, che ha portato a una giunta della città di Milano formata al 50% da donne e uomini. Sono 5.000.000 le donne lombarde ad alta scolarizzazione che votano e pretendono di essere rappresentate e non è accettabile che di queste donne non si sia tenuto conto.
Ci aspettiamo molto dal verdetto del Consiglio di Stato, anche in previsione di una riforma della legge elettorale che, se venissero reintrodotte le preferenze, vedrebbe sicuramente pagarne il prezzo maggiore proprio le donne, che – come ben sappiamo – non vengono sempre supportate dalle segreterie di partito.

Angela Ronchini – Articolo 51
Donatella Martini – DonneInQuota