mercoledì 25 novembre 2015

LA GIORNATA DEL SILENZIO



Oggi il Governatore Maroni celebra la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, peccato che lui stesso stia facendo violenza a noi tutte , dimenticando la rappresentanza di genere con una Giunta non paritaria e nominando un Assessore alla PO che si è sempre pubblicamente schierato contro la giunta paritaria, tanto che la sua nomina ha creato il vulnus stesso.
Violenza non è solo quella fisica, psichica, sessuale, verbale, è anche quella in cui si ignorano bellamente leggi e normative dando l'impressione che le donne non valgano o non possano avere incarichi amministrativi,diffondendo la cultura della donna inferiore o non capace. Per questo la nostra giornata sarà celebrata nel silenzio, quel silenzio che avvolge sempre le proteste e le iniziative delle donne nei media e sui giornali, quel silenzio umiliante di altre donne che , succubi di uomini, accettano di nominarli pur di non perdere il loro piccolo scranno , concesso per magnanimità dal potente di turno. Nel silenzio in cui vivono le madri separate, mentre si dà spazio ai padri separati che passano il messaggio che le ex son tutte brutte e cattive....oggi taceremo ,domani grideremo attraverso l'unico strumento, seppur non sempre amico, che abbiamo a disposizione: i Tribunali.!

giovedì 5 novembre 2015

LETTERA AL DIRETTORE



Egregio Direttore,
Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria, è, purtroppo ancora una volta, costretta a segnalare l’ennesima iniziativa di un Consigliere della Lista Maroni, teso a discriminare le donne, in questo caso le madri separate, per dare spazio ai soliti e contestabili vittimismi dei padri separati.
Ahimè dobbiamo, inoltre, ed ancora, sottolineare altresì la linea maschilista che da sempre è la politica del Suo giornale.
Il Consigliere Saggese, presenta una richiesta, cui perarltro ha già risposto a dovere in sede di Consiglio l’Assessora Aprea, perché le scuole lombarde di ogni ordine e grado siano obbligate a informare anche i padri dell’andamento scolastico dei pargoli in caso di genitori separati e/o divorziati, citando un caso accaduto in Emilia Romagna.
A prescindere dal fatto che non possiamo sapere per quali motivi quella mamma ha chiesto ed ottenuto, sicuramente con un supporto giudiziario, perché il padre non venisse informato (molteplici possono essere le cause a tutela del minore), possiamo citare un caso opposto accaduto a Monza, di un padre a cui “si doveva rispetto” non concedeva il nulla osta per il cambio di scuola, padre assente per 11 lunghi anni, padre naturale non convivente, mai versato un soldo di mantenimento, nessuna sentenza di affido condiviso, mai interessato del minore, ci sono voluti 4 mesi e molta pazienza per ottenere il nulla osta da una Direttrice che si era fatta Giudice, e solo al richiamo degli articoli specifici del codice (art.155 bis), questa lo concedeva, a dimostrazione che le scuole sono molto attente alla , terribile parola, biogenitorialità ed applicano più che ampiamente le disposizioni che, nel rispetto, come sempre,dei padri separati, legano le mani alle madri separate.
Caro Direttore l’affido condiviso non è soltanto lamentarsi e starnazzare contro le ex mogli, conviventi, madri, ma una responsabilità importante che prevede una presenza costante nella vita dei figli.
Troppo spesso il Suo giornale ha dato voce ai padri separati senza sentire l’altra versione o verificare i fatti.
Il Consigliere Saggese dovrebbe sapere che con “genitore collocatario” si intende quel genitore che si occupa H24 dei minori o figli che dir si voglia.
Quel genitore che si alza alle 5/6 del mattino per preparare la colazione, i figli, organizzare la casa, che corre da una scuola all’altra per accompagnarli, poi il lavoro, poi riprenderli, poi le attività sportive, poi le feste coi compagni, poi la spesa, la casa, preparazione pasti, gestire malattie e crisi, colloqui coi professori, compiti e ricerche…..ossia LA MADRE SEPARATA.
Non basta informarsi sull’andamento scolastico o portare i figli al cinema due weekend al mese, non basta attaccare la madre, per essere un genitore attento e consapevole, non basta.
Non basta nemmeno versare quei miseri mantenimenti che i tribunali stabiliscono: aver diritto alla biogenitorialità, significa gestire i figli H24 , cosa che i padri non fanno nemmeno durante il matrimonio.
Provi il Consigliere Saggese a presentare una proposta perché i figli, in stile americano, siano “collocati” sei mesi col padre e sei mesi con la madre, in quella casa, altra lamentela dei padri separati, che dimenticano essere questa assegnata ai figli ,non alla madre, ma che li vedrebbe impegnati H24, dovendo sacrificare abitudini e libertà e facendo quello che nemmeno da sposati/conviventi facevano….rileggere righe precedenti.
In un Paese in cui si perdonano gli stalker, se uomini, in cui un uomo che uccide, massacra, abusa, violenta una donna è tanto se fa 2/3 anni di galera, in cui la parità di genere è lontanissima, in cui una Regione Lombardia sarà nuovamente al Tar perché viola Statuto e Leggi nazionali, impunemente, sull’equilibrio di genere, in una Regione in cui le PO vengono messe nelle mani di un Assessore manifestatamente anti parità, origine lui stesso del vulnus “giunta squilibrata”, non possiamo né dobbiamo accettare questo continuo ,sottile, messaggio che noi donne tutte, separate, divorziate, conviventi, single, siamo solo delle arpie mangia soldi, desiderose di potere a scapito degli uomini eletti o meno, mariti padri o conviventi che siano.
Il cambio culturale deve passare anche da una corretta e terza informazione: i padri separati cercano sempre e solo le luci della ribalta, perché se difficoltà hanno loro, proviamo a pensare quante ne hanno le madri separate, che oltretutto devono affrontare i pregiudizi sociali, non dico maggiori, ma sicuramente alla pari coi padri.
Eppure noi non chiediamo e non strilliamo, non riusciamo nemmeno ad ottenere che si dia sempre la doppia versione dei fatti o almeno si dia voce anche alle madri separati. Abbiamo ben altro di cui occuparci: i figli, appunto, di questi padri separati….H24.
La scuola rispetta ed esegue perfettamente la normativa , sono i padri che non sempre capiscono l’importanza della condivisione e del lavoro di quelle unità umane che crescono materialmente i loro figli: le madri.
Cordialmente
Angela Ronchini
Presidente Ass. Art.51 Laboratorio di Democrazia Paritaria

http://www.ilgiornale.it/news/milano/genitori-separati-pagella-va-entrambi-1190554.html

martedì 18 agosto 2015

TRE DONNE COMUNI

Egregio Direttore,
Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria,  ha deciso di raccontare tre storie di donne, donne comuni che non troveranno mai spazio nei tg o sulle prime pagine dei giornali, donne cui nessuno dedicherà un’intervista, un approfondimento,una qualsiasi attenzione, ma che rappresentano molto bene violenza e sopraffazione, quella parità sventolata, ma solo formale e certamente non sostanziale.
I giornali si occupano di donne quando siamo violentate, abusate,uccise , quando commettiamo reati o quando siamo starlets incinta.
Eppure nella quotidianità subiamo violenze ed abusi per via di leggi e leggine solo apparentemente “paritarie”, ma,sostanzialmente, scritte dagli uomini per loro vantaggio e per essere contro le donne.
Marta è una giovane madre di due bambini, avuti da due padri diversi, lavora , un buon lavoro, famiglia solida, anche economicamente, casa di proprietà, vita comune da madre single che non ha mai chiesto nulla a nessuno né alla famiglia né alle istituzioni.
Il padre del suo primo figlio ,invece, non ha un passato cristallino né un presente limpido e solido.
Non ha mai versato un centesimo per il mantenimento, né ,Marta lo ha mai chiesto, non lo ha sposato,ha cercato ,sempre con tenacia, che avesse un rapporto col figlio.
Assente per lungo tempo, ricompare agli albori dell’adolescenza del figlio, comportandosi da padre padrone: lui decide, lui comanda a 300 km di distanza, sempre senza versare un centesimo.
Il bambino non prende bene questa intrusione, vive male la presenza, per di più si trova a scontrarsi con una Dirigente scolastica che della missione di Don Milani, cui dice di ispirarsi non ha capito nulla, un corpo insegnante che lo marchia con una lettera scarlatta e il “padre” che si schiera con la Dirigente.
La guerra è inevitabile. Marta si occupa di tutto, segue i consigli, si rivolge a specialisti, ma Dirigente e insegnanti ormai hanno marchiato il bambino, che ,inevitabilmente ,viene bocciato.
Marta decide il cambio di scuola, grazie al suo lavoro, può permettersi un’ottima scuola privata dove ricominciare il percorso del bambino. La Dirigente non ci sta ed informa il padre della richiesta di nulla osta. Giusto e corretto,ma informa anche, che la scuola scelta è una scuola privata, ingerendo in affari di sua non competenza.
Ed ecco che il famoso affido condiviso non è condiviso per nulla : il padre nega il consenso per dimostrare il suo potere , la Dirigente è soddisfatta e il bambino deve frequentare lo stesso ambiente dove ha mostrato di non stare bene.
Marta nulla può: deve subire la violenza e farla subire al suo bambino, deve veder vincere una Dirigente che ha marchiato un bambino di 11 anni come “problematico” coinvolgendo sollerti assistenti sociali che ,invece,non sono altrettanto sollerti in veri casi problematici……
Michela ha tre bambini, un marito, una casa di proprietà ,un lavoro, un mutuo da pagare, qualche problema come molti, ma tutto sommato il suo quotidiano scorre sereno e senza intoppi.
Poi arriva la crisi, uno dei bambini si ammala, lei deve lasciare il lavoro. Poco dopo anche lui resta senza lavoro, la banca si prende la casa, inevitabile la separazione. Michela chiede di poter avere una casa Aler…..ha un redditto di 450 eu mensili, gliela assegnano.
Non è un gran palazzo, ai profughi danno trattamenti ed alloggi migliori, ma non si lamenta e va a prendere le chiavi. Non gliele danno: deve versare 867,62 € in soluzione unica, non gli concedono rateizzazioni o paga o perde la casa. Michela non li ha quei soldi, se li avesse avuti non sarebbe lì.
Disperata chiede un colloquio al Sindaco tramite  Articolo 51, una elegante ed altezzosa segretaria ci risponde:” Siete 121.000 abitanti, il Sindaco non può ricevervi tutti!”. Ecco un’altra violenza, un’altra discriminazione di genere: fosse stata uomo, fosse stata profugo, extra comunitario….
Anna è stata per 30 anni moglie invidiata di un Amm.Delegato, lei Architetto ,tre figli, girano il mondo, innamorati, coppia perfetta, frequentazioni ad altissimo livello, vita di lusso.
Poi entra in casa una cameriera etiope, lui si innamora, il matrimonio finisce . Male. Lui sparisce, nega tutto non tanto a lei ,ma alla terza figlia che deve smettere di studiare e andare a lavorare, le nega la vita avuta dai fratelli maggiori . Anna lo cerca con tutti i mezzi possibili, tramite parenti, tramite l’azienda per avere almeno il minimo per la figlia. Riesce ad avere una casa grazie ai propri genitori, viene vessata e minacciata per lunghi 11 anni, cambia sei indirizzi in 10 anni. Poi lui muore e Anna scopre che è stato lui, 5 anni prima, a denunciarla per stalking e lei si trova imputata senza potersi difendere, senza poter dire quello che ha subito: la legge, sembra incredibile, glielo impedisce. Ovvio lei è donna. Lui, lo stalkizzato, mentre lei per trovare un po’ di pace da lui cambia in continuazione vita e città,trova il tempo di ottenere il divorzio senza che lei lo venga a sapere, di comprarsi casa, sposarsi nuovamente, viaggiare in camper, fare ulteriori passi in carriera. E la stalker è lei!
Ecco tre storie di violenza che non finiranno mai nei tg, nei talk show, sui giornali, cui nessuno dedicherà un riga su una pagina web o cartacea che sia.
La violenza, caro Direttore, è anche e soprattutto questa, ma non fa vendere  sono  donne comuni con storie comuni, non acidificano, non sono sorelle famose, non sono figlie di……. Eppure di storie di violenza si tratta, una violenza che non piace che dimostra come ancora questo Paese sia profondamente anti donna, in cui il potere e le leggi sono degli uomini contro le donne.
Cosa farà Articolo 51? Lotterà per il nulla osta di Marta, si metterà le mani intasca per gli 867,62 € di Michela, supporterà Anna durante l’appello perché emerga la verità.
Siamo donne, siamo abituate al silenzio, al dietro le quinte, a lottare nell’indifferenza, ma ci piacerebbe che ogni tanto si desse voce anche al bambino di Marta, non solo a quello di un’acidificatrice di cui stiamo seguendo ogni attimo, al diritto alla casa di Michela non solo alla casa nuova di qualche starlet, che un Sindaco parlasse con le sue cittadine in difficoltà, che un qualche giudice ascoltasse anche l’altra campana.
Dimenticavamo, non siamo nel Sud d’Italia bensì a Monza e Milano.
Angela Ronchini
Ass. Art. 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria

  



sabato 18 luglio 2015

LA POLVERE SOTTO IL TAPPETO

LA POLVERE SOTTO IL TAPPETO.


Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria sente il dovere di condannare la mozione votata in Consiglio di Zona 2, inerente la zonizzazione, parola nuova ed orrenda, quale possibile soluzione al problema della prostituzione per le vie cittadine.
La zonizzazione altro non è che nascondere la polvere sotto il tappeto, non si vede, ma la polvere resta.
Ghettizzare, perché di questo si tratta, le prostitute in zone specifiche e con controlli difficili da approntare, non risolve il problema di queste donne e uomini ridotte, ridotti in schiavitù e sfruttate/i per il loro solo essere femmine o transessuali.

La prostituzione non si vince né con la riapertura delle case chiuse né con i quartieri a luci rosse, già fallimentari in molte città del mondo, la prostituzione o,meglio, la riduzione in schiavitù si batte colpendo non l’offerta, ma la domanda.
E’ inconcepibile che nel 2015, nel terzo millennio , nel mondo globalizzato e tecnologico gli uomini, solo il genere maschile cerca tali soluzioni, abbiano ancora necessità di ricercare prostitute e/o prostituti per soddisfare bisogni sessuali.
Riteniamo che per colpire questa tremenda forma di schiavitù, non serva zonizzare, non solo perché è molto difficile identificare zone adatte in una città densamente popolata quale Milano è, ma perché i controlli delle Forze dell’Ordine risulterebbero difficili e facilmente evitabili, non solo perché le aree diventerebbero spazi in mano alla criminalità,ma perché l’essere la prostituzione praticata in una specie di area protetta, permetterebbe di usufruirne in maggiore sicurezza ed anonimato, alimentando anziché limitando il fenomeno, che però non sarebbe visibile agli occhi dei più.
Non ci piace nascondere la polvere sotto il tappeto, ci piace buttarla nel contenitore apposito, per cui Articolo 51 ritiene che il fenomeno vada combattuto riprendendo la Legge 228/2003 e chiedendo misure drastiche contro chi cerca questo tipo di servizi sessuali, magari “facendo sapere”, informando il datore di lavoro…. Certo sembra essere una violazione del diritto di privacy, ma solo cercando di abbattere la domanda riusciremo a debellare l’offerta.
Chiediamo, quindi, al Consiglio di Zona 2 di ritirare questo obbrobrio ghettizzante che nasconde la polvere sotto il tappeto, senza speranza alcuna di risolvere o limitare lo sfruttamento e la tratta di giovani donne ed uomini.
La Presidente
Angela Ronchini
Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria

giovedì 25 giugno 2015

DEMOCRAZIA PARITARIA, QUESTA SCONOSCIUTA PER REGIONE LOMBARDIA

Purtroppo oggi in II Commissione consiliare Affari Istituzionali la maggioranza ha votato contro il progetto di legge che aveva lo scopo di modificare, recependo la normativa nazionale, le leggi regionali sulle nomine negli enti ed organismi partecipati da Regione Lombardia.
Il provvedimento andrà comunque in Aula, presumibilmente a settembre, seppur nella forma del non passaggio agli articoli.
Le donne di Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria si associano e condividono il comunicato rilasciato dalla Vice Presidente del Consiglio Regionale Sarah Valmaggi e dalla Consigliera Castellano in merito a quanto accaduto in II Commissione Affari Istituzionali di Regione Lombardia, sottolineando che ancora una volta la più importante Regione italiana, il traino economico del Paese, la vetrina del mondo con Expo 2015, indossi la maglia nera per quanto riguarda la parità di genere e il rispetto della democrazia paritaria, eludendo ancora una volta norme nazionali e Statuto Regionale.
Ricordiamo al Governatore Maroni che già il rimpasto di Giunta dello scorso Dicembre ha violato lo Statuto che prevede un equilibrio di genere nel numero degli assessori/e, non vorremmo che anche nelle nomine il Governatore ignorasse leggi e statuti, dando un pessimo esempio in un momento in cui alla politica si chiede un cambio culturale e di essere esempio per i cittadini e le cittadine.
Le donne lombarde meritano maggiore rispetto e considerazione, sono maggioranza del corpo elettorale e molte di esse saranno elettrici nelle prossime amministrative di Milano.
Confidiamo che durante i mesi estivi il Governatore Maroni e l’Assessora alle PO M.C. Cantu’, riconsiderino la formulazione del progetto di legge di modifica delle leggi regionali in merito alle nomine negli enti ed organismi partecipati da Regione Lombardia, recependo non solo la normativa nazionale, ma dimostrando che Regione Lombardia è vetrina ed esempio anche nella strada della democrazia paritaria.
Attendiamo fiduciose , altrimenti prepareremo le valigie per i viaggi in Tribunale, impugnando singolarmente ogni eventuale nomina non rispondente alla normativa e al rispetto dovuto al genere meno rappresentato.
Ass.Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria.
“Valmaggi e Castellano: “La maggioranza vota con sprezzo contro la parità di genere nelle nomine”
La maggioranza vota contro la parità di genere. Oggi in commissione Affari istituzionali la maggioranza ha bocciato due progetti di legge, presentati da Pd e Patto civico, che prevedono di recepire la normativa nazionale sulla parità di accesso agli organi delle società controllate dalla pubblica amministrazione e di introdurre per ciascuna nomina del Consiglio la doppia preferenza, per avere da subito la certezza normativa della presenza femminile.
“In Lombardia – afferma la vicepresidente del Consiglio regionale, Sara Valmaggi- la parità di accesso è ancora lontana. Questo nonostante lo Statuto sancisca il principio di democrazia paritaria e la normativa nazionale imponga la presenza di un quinto delle donne. Per questo abbiamo presentato due progetti di legge, nei quali si stabilisce che le nomine debbano essere per un terzo femminili, pena la loro nullità. La nostra richiesta è quella di recepire la normativa nazionale, evitando tra l’altro richiami e sanzioni, e rafforzarla per fare della Lombardia la promotrice di un rinnovamento che porti finalmente all’affermazione della democrazia paritaria. La maggioranza ha bocciati i nostri progetti. Una scelta sbagliata, oltretutto non realmente motivata”.
“L’atteggiamento di questa maggioranza- afferma la capogruppo del Patto civico, Lucia Castellano- si conferma spiazzante: di fronte a un principio sancito dallo Statuto regionale e a un assetto normativo nazionale che parla chiaro, Lega e alleati vogliono evidentemente porre un argine al cambiamento culturale in atto. Non si spiega altrimenti il loro no a una modifica di legge che intende favorire il percorso dovuto della democrazia paritaria, facilitando l’accesso delle donne alla politica e garantendo così un riequilibrio di genere funzionale anche all’efficienza degli enti”.
“Da qui al passaggio in aula- concludono Valmaggi e Castellano- ci appelliamo alla loro intelligenza, auspicando un ripensamento”.

mercoledì 15 aprile 2015

NON SOLO PADRI SEPARATI, MA ANCHE MADRI SEPARATE

Egregio Direttore,
Sono costretta ancora una volta a sottolineare la discriminazione cui vengono sottoposte le donne dalla linea "politica" del Suo giornale.
Ancora una volta si parla di problematiche dei padri separati, senza tenere in considerazione le stesse problematiche inerenti le madri, che soffrono disagi ancora maggiori in questa epoca di crisi.
L'articolo a firma Sonia Bedeschi apparso questa mattina, ancora una volta non rappresenta un quadro completo ed obiettivo e come sempre il maschilismo imperante in questo nostro sgangherato Paese , da voce solo agli uomini.
Seppur correlato al problema delle troppe attenzioni e privilegi agli immigrati, ormai troppi ed ingestibili, va sottolineato che a tanti padri separati corrispondono altrettante madri separate.
L'assegno di mantenimento viene percepito dalle mogli per i figli, non per se stesse, se lavoratrici, e non creda che 200/400 eu mensili servano alle madri per comprarsi pellicce e gioielli ed affamare i figli sfruttando gli ex mariti.
Quella cifra copre tutte le necessità dei figli che comprendono anche le quote di utenze varie, ossia luce, gas, trasporti o quelle non sono da considerare? Oltre a cibo vestiario medicinali ed attività varie.
La stessa giornalista fa notare che nel 2014 i suicidi/omicidi legati alle separazione sono 110 di padri e 20 di madri, ma non sottolinea che di quei 110 il 90% sono femminicidi di uomini che non hanno saputo o voluto accettare la fine di una relazione, mentre quei 20 suicidi sono di madri disperate incapaci di essere ascoltate o di trovare aiuti per i figli a fronte di padri spariti o che non pagano , magari fingendosi poveri , pur avendo macchine di lusso, sempre dono di qualcun altro.
Credo che il peso del dato sia completamente diverso.
Non è accettabile che non si dia mai l'altra versione dei fatti, per il semplice motivo che siamo donne e quindi necessariamente deve essere alimentato lo stereotipo della ex moglie sanguisuga e del povero marito sfruttato.
Spesso la ex moglie riceve un assegno di mantenimento, e già la parola è umiliante, perché ha dovuto abbandonare il lavoro per prendersi cura dei figli o degli anziani di famiglia o perché ha dovuto mettere la carriera del marito davanti alla propria.
Gestire una famiglia non è cosa semplice tanto che il nostro codice riconosce il lavoro casalingo e nell'ambito del matrimonio ,ognuno contribuisce secondo le proprie possibilità al benessere e al successo di quella che possiamo considerare una piccola impresa a conduzione familiare.
Crede sia semplice e facile essere "al lavoro" 24 ore su 24 365 giorni su 365 all'anno?
E' un terribile periodo di crisi e la crisi, le statistiche lo dimostrano, pesa sulle spalle delle donne tutte, non solo le mogli, certamente la perdita di potere d'acquisto dei salari, causa euro, e tasse , ha messo in situazioni difficili molti padri separati, inerentemente all'assegnazione della casa coniugale.
Ebbene quella casa è assegnata ai figli, non alle mogli ed allora perché, invece di alimentare stereotipi che portano all'orrendo numero di femminicidi che si compiono in questo Paese, purtroppo sempre con una vena di giustificazionismo verso gli omicidi da parte dei media, giustificazionismo che fa pensare essere la colpa delle vittime solo per il fatto di essere donne,non chiedere così come per i figli l'affido condiviso della detta casa?
Perché questi padri disperati non chiedono di alternarsi in quella casa per periodi di tre/sei mesi, gestirla, occuparsi h24 dei figli come fanno quelle sanguisughe delle mogli? Cosa che darebbe molto sollievo alle madri che potrebbero non solo ricrearsi una propria vita personale e sociale, ma lavorare ed alleggerire l'assegno di mantenimento, contribuendo al mantenimento dei figli stessi.
Ciò però comporterebbe un'assunzione di responsabilità da parte di quei padri, che dovrebbero rivedere le loro abitudini, datosi che una cosa è occuparsi dei figli un weekend sì ed uno no, spesso con l'aiuto dei nonni, altro pensare a gestire casa e figli senza aiuti tutti i giorni e senza una "sanguisuga" che riesce sempre e comunque a gestire tutto, emergenze comprese.
In merito al DDR di Regione Lombardia lo aspettiamo al varco, perché se discriminante, ossia,favorisce i padri , lo porteremo nelle sedi opportune perché sia annullato o cambiato,anche se da una prima analisi, il DDR 144 è in gioco dal Maggio 2013, sembra che ancora una volta i requisiti li abbiamo più le madri separate che i padri separati, perché , e questo nell'articolo non lo fa notare, conditio sine qua non, è l'essere in regola con il pagamento degli assegni di mantenimento , cosa che, purtroppo, piaccia o meno, nella maggior parte dei casi non si verifica, perché gli uomini sono bravissimi a diventare poveri non appena si separano.
E vengono ascoltati, trovano spazio sui media, mentre, come sempre, alle donne nessuno da voce siano esse madri separate, vittime di crimini vari, assessore rimosse in barba alla legge vigente per far posto agli uomini.
In quanto agli alloggi prima che ai padri separati o agli immigrati, sarebbe bene pensare a quelle vittime di violenza domestica, stalking, mobbing, violenza sessuale che hanno necessità di potersi rinventare una vita ed un luogo dove vivere.
Concludo che questa storia dei padri separati nuovi poveri, senza vedere anche l'altra faccia del problema dandole voce, dimostra ancora una volta che noi donne subiamo costantemente violenza perché di questo si tratta: violenza psicologica, morale, sociale.
Certa che non pubblicherà questa mia, cercheremo di farla girare via web, porgo cordiali saluti.
Dott.ssa Angela Ronchini
Presidente Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria

mercoledì 25 marzo 2015

LE LEGGI VANNO RISPETTATE......LETTERA APERTA ALL'ASSESSORA MARIA CRISTINA CANTU'

Egregia Assessora,
Quello che Le rivolgiamo è un appello, appello che, purtroppo, è necessario ed urgente.
Il 12 agosto 2011, con l’entrata in vigore della legge 120/2011 - approvata grazie all’impegno delle On.li Lella Golfo e Alessia Mosca - è stata stabilita una importante novità nell’ambito del diritto societario italiano: gli organi sociali delle società quotate in scadenza dal 12 agosto 2012 dovranno essere rinnovati riservando una quota pari ad almeno un quinto dei propri membri al genere meno rappresentato: le donne.
Donne che, a partire dal secondo e terzo rinnovo degli organi sociali, dovranno essere pari ad almeno a un terzo, per arrivare al 2022, data in cui si pone la seconda importante scadenza fissata dalla legge Golfo-Mosca: l’esaurimento della sua efficacia.
La legge ha, dunque, una validità temporale di soli dieci anni, entro i quali si auspica di raggiungere l’obiettivo di rimuovere gli ostacoli che sinora hanno limitato l’accesso delle donne a ruoli di comando, favorendo un processo di rinnovamento culturale a supporto di una maggiore meritocrazia e di opportunità di crescita.
In questi dieci anni le donne che siederanno nei consigli di amministrazione avranno la responsabilità di affermare le proprie competenze e di essere in grado di contribuire alla creazione di valore: l’obiettivo è quello di non avere più bisogno di una legge e, dal 2023, di superare il tema del genere, candidando alle cariche sociali chi ha le caratteristiche più adeguate per quel ruolo, uomo o donna che sia.
Le società si stanno attrezzando per adeguarsi alle novità che la legge ha introdotto. Attraverso le associazioni di categoria (ad esempio Assonime), molte hanno partecipato al dibattito e alle consultazioni di cui Consob ha tenuto conto nella formulazione del nuovo art. 144-undecies del Regolamento Emittenti. Tale articolo è stato recentemente approvato con la delibera n. 18098 dell’8 febbraio 2012 e, in attuazione degli artt. 147 ter e 148 del Testo Unico della Finanza, stabilisce quali modifiche le società quotate devono apportare ai propri statuti per garantire l’equilibrio di genere nei loro organi sociali.
Con questa norma è stata data autonomia alle società di rivedere i propri meccanismi statutari di nomina di consiglieri e sindaci. In caso di riparto, comunque, l’arrotondamento dovrà avvenire a favore del genere meno rappresentato per eccesso all’unità superiore. Ciò significa che, nel caso in cui il numero complessivo dei consiglieri sia, ad esempio, pari a 11 la “quota di un terzo” riservata alle donne è pari non a tre, ma a quattro membri.
Il processo di modifica degli statuti da parte delle società quotate è un fattore che non deve essere sottovalutato. Le modifiche statutarie in questione non hanno una mera valenza regolamentare, ma impattano sulle politiche di governo societario delle aziende, mediante un inevitabile rinnovamento di organi sociali, la cui composizione spesso era consolidata da tempo.
Queste modifiche promuovono un dibattito che coinvolge una pluralità di interlocutori:
- Gli emittenti, che devono adeguare la propria corporate governance a criteri di equilibrio tra i generi;
- Tutti i loro soci (di maggioranza e di minoranza) che sono chiamati a candidare e a rinnovare gli organi sociali e a condividere novellati meccanismi di voto complessi, come quelli di lista, che spesso devono fare anche i conti con pattuizioni parasociali di pari complessità;
- I consulenti tecnici, tra cui avvocati e notai, che devono supportare soci e società in questo processo.
Vi è poi un tema cruciale e delicato: selezionare le donne da candidare a ruoli strategici, le prime delle quali già dovranno essere identificate tra pochi mesi, appena dopo l’estate.
Per questo evento i soci e le società cominciano ad attrezzarsi: entro il 2015 le donne che dovranno sedere negli emittenti saranno circa 700 e circa 200 nei collegi sindacali.
Gli investitori istituzionali (soprattutto internazionali) si stanno muovendo, al pari degli azionisti di minoranza, nella direzione di ricercare per tempo eccellenze femminili da inserire nei consigli delle società dei quali sono soci. Meno percepibili, invece, sono le azioni intraprese da soci di maggioranza delle società ad elevata concentrazione familiare, in cui spesso si registrano situazioni di sovrapposizione tra il management e titolarità del capitale.
La legge Golfo-Mosca non ha soltanto mobilitato il mondo delle società quotate, ma anche e soprattutto quelle a partecipazione pubblica. Si tratta di una realtà importante, ma che viene censita con difficoltà. La stima è che debbano confluire nelle società pubbliche, nei prossimi dieci anni, circa diecimila donne, tra consiglieri e sindaci.
Questo sopra riportato è un articolo a spiegazione di quella che noi consideriamo una pietra miliare per il raggiungimento non della parità di genere soltanto, ma di una democrazia paritaria compiuta, definita, sostanziale e non formale.
Purtroppo ,però, vediamo che , soprattutto nel pubblico,si fa molta, moltissima fatica a rispettare quelle norme che, qualora fossero state varate per gli uomini, sarebbero immediatamente diventate dogmi inattaccabili.
Sappiamo essere in rinnovo alcuni CdA molto importanti controllati o partecipati da Regione Lombardia.
I nomi che vediamo scorrere, in sordina, sui giornali , come sempre non sono che nomi al maschile e,nonostante l'impegno pubblico preso dal Governatore Maroni, e già tradito nella composizione di Giunta, di rispettare le quote cosidette "rosa, non sembra, nella pratica, volerlo fare.
Non ci stupisce che questo accada, fanno testo il CdA del Teatro alla Scala e il recente CdA dell'Ente Molina di Varese, dove dette quote sono state ignorate bellamente.
Stiamo, come Associazione attuando tutte le misure legali del caso, riguardo detti CdA, oltre ad averne fatto segnalazione ai Ministeri di competenza, onde per cui rivolgiamo a Lei, Assessora, un appello affinchè vigili strettamente perché la Legge 120, unitamente alla Legge 215, sia fatta rispettare fin nei minimi dettagli, non solo per i diritti delle donne, ma ,anche e soprattutto, per il rispetto che uomini e donne delle istituzioni devono alle Leggi in quanto tali.
Non può e non deve accadere che Regione Lombardia , a pochi giorni da Expo, debba essere chiamata a rispondere della violazione della legge, che , innegabilmente, porterebbe a calpestare quel diritto alla parità di genere ed ad una vera democrazia paritaria , di cui Regione Lombardia ha indossato per lunghissimo tempo la maglia nera, maglia nera che noi, cittadine e donne lombarde, maggioranza del corpo elettorale, pensavamo si fosse tolta e che, invece vediamo ancora pronta per essere indossata.
Noi come Associazione faremo il possibile per informare l'opinione pubblica di eventuali violazioni, certamente staremo in allarme e segnaleremo, così come già fatto, dette ed eventuali violazioni.
Sappiamo essere forti le pressioni e la riluttanza degli uomini a cedere anche un solo strapuntino di potere, ma non possiamo permetterlo: siamo uscite da dietro le quinte e non abbiamo intenzione di ritornarci, anche se questo dovesse costarci tempo, soldi, fatica per ulteriori viaggi per Tribunali.
Il momento è critico, tutte noi viviamo di lavoro Comune, ma non esiteremo a metterci le mani in tasca, a fare qualche ulteriore sacrificio, per difendere il nostro sacrosanto diritto al rispetto delle leggi fatte a nostro vantaggio, leggi che sono sempre cogenti e transitorie, ma che, causa la scarsa collaborazione degli uomini di potere, non vorremmo diventassero permanenti, avendo vanificato un cambio culturale che le istituzioni pubbliche dovrebbero favorire e sostenere rigidamente con l'applicazione ferrea di leggi e norme.
Assessora, contiamo molto sul suo operato e sulla azione di controllo: non ci deluda.
Qualora non la conoscesse, Le alleghiamo la Legge 120/2011.
In attesa di una Sua gradita risposta, Le auguriamo buon lavoro.
Dott.ssa Angela Ronchini


Presidente Associazione Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria