venerdì 6 giugno 2014

IL DIVORZIO BREVE CONTRO LE DONNE

Il 12  Maggio 1974 non potei votare per il referendum sul divorzio, non avevo ancora 21 anni, la legge che porterà la maggiore età a 18 anni è del Maggio 1975, 8 Maggio per la precisione, quella che mi permise di sposarmi senza il consenso dei miei genitori, mi sposai il 26 Giugno 1975, ma fui una grande attivista tra quelle che non volevano l’abrogazione  della Legge del 1971.
Mi sembrava, allora, di fare il bene dell’emancipazione femminile, della libertà di scelta delle donne, insieme al diritto di scegliere se essere madri, la legalizzazione dell’aborto, e il famoso “il corpo è mio e lo gestisco io”: non avevo capito nulla.
Non avevo capito che la Legge sul divorzio era una legge scritta dagli uomini per gli uomini, nonostante alcune modifiche negli anni seguenti era ed è una legge scritta dagli uomini per gli uomini.
Dopo 40 anni ,e l’esperienza sulla mia stessa pelle, mi rendo conto che non avevamo capito nulla allora ed ancora, noi donne, non abbiamo capito nulla.
Oggi sento commenti entusiasti di deputate sulla conquista del divorzio breve, solo che io non ho più 20 anni e all’entusismo per quello che sembrava essere la liberazione dalle catene del bigottismo religioso, oggi è subentrata la saggezza dell’esperienza di vita, la consapevolezza che noi donne andiamo incontro ancora una volta sventolando la bandiera del “io sono mia”, ad una discriminazione enorme e di cui poi non sapremo fronteggiare le conseguenze che saranno gravi solo ed esclusivamente per noi genere femminile.
Il divorzio dovrebbe essere l’extrema ratio, la soluzione inevitabile dopo un percorso di recupero, di dialogo, di superamento crisi.
Con troppa facilitrà oggi, si dice basta alla prima difficoltà, al primo scontro si è pronte a buttar via acqua sporca e bambino, senza soffermarsi sulle conseguenze di quel “buttare via” che sono sempre a discapito solo ed esclusivo della donna.
Il divorzio non è per le donne : E’ CONTRO LE DONNE!
Non giudichiamo dai pochi clamorosi casi di coppie più o meno famose e ricche, il divorzio riguarda per la maggior parte i comuni mortali, quelli che faticano a mettere insieme il pranzo con la cena.
E lì la donna viene discriminata. Pensate per un momento alla regola per cui la donna mantiene i diritti successori e l’acquisizione della pensione di reversibilità solo se titolare, post sentenza, di un assegno almeno alimentare.
Sapete cosa vuol dire questo? Che nel 1971 si era stabilito che la donna non potesse rifarsi una vita, perché lavorando o risposandosi avrebbe perso quell’assegno che riconosceva il suo lavoro di prima moglie, perché, come molte donne, magari si era abbandonata la propria carriera per fare ,appunto la moglie e la madre e sostenere la carriera del marito.
Pensate ad un divorzio dopo 30 anni di matrimonio, alla tenacia di lei che si ricostruisce una vita lavorativa e perde quell’assegno: lui si risposa  muore dopo pochi mesi dal matrimonio e tutto, dico, tutto quello costruito nei lunghi 30 anni va alla nuova e breve moglie.
A questo va aggiunto il dramma dei figli che difficilmente, nonostante il comune sentire di psicoterapeuti di scuola sessantottina, accettano la fine del matrimonio dei genitori e i nuovi compagni, indipendentemente dall’età che hanno.
Senza contare che questo divorzio breve , che tanto piace alle deputate, pronte a garantire la  necessità di rifarsi nuovi affetti, favorirà esclusivamente, o nella maggiore percentuale, gli uomini, che, chissà perché, hanno sempre pronta in tasca la nuova compagna di vita, minimamente turbati da cosa accade a quella precedente.
Allora invece di parlare entusiaste di divorzio breve, parliamo di divorzio non discriminante per la donna, parliamo di maggiori tutele per quelle donne che si ritrovano divorziate dopo più di vent’anni di sacrifici , parliamo di riparare prima di buttare.
Pensiamo sì ad acellerare i tempi, ma dopo un percorso, cosa che esiste in tutti gli ordinamenti giudiziari occidentali, di tentativo di recupero attraverso colloqui con esperti, con qualcuno che ha “già vissuto”, per il bene della donna e, soprattutto dei figli, il cui sentire non può non essere tenuto in considerazione , qualunque età essi abbiano e che magari, per il loro bene, non credete, care amiche deputate, i figli preferiscono la lite quotidiana che il vedere i genitori divisi, tentano un nuovo approccio alla convivenza matrimoniale, che può ricostruirsi, perché matrimonio, questo va detto alle nuove generazioni, è sacrificio e rinuncia di un pezzo del proprio io a favore dell’altro.
Pensiamo sì ad accellerare i tempi, ma a stabilire regole che mettano la prima moglie in primo piano: quanti uomini approccerebbero un secondo matrimonio sapendo , che il loro spirito di vendetta, coccerebbe contro la regola che alla seconda moglie i diritti successori vengono assegnati solo dopo che il matrimonio abbia circumnavigato la boa della metà più uno degli anni del primo?
Pensiamo sì ad accellerare i tempi, ma riconoscendo quelli del primo e riconoscendo alla donna il diritto a rifarsi una vita lavorativa ed affettiva , senza perdere i diritti acquisiti col matrimonio, senza essere cancellata come non fosse mai esistita.
Se non poniamo queste basi, costringiamo nuovamente le donne a lasciare il lavoro, le carriere, le riconduciamo nelle cucine per assecondare la voglia di nuovo di qualche maschietto in crisi di identità.
Allora non facciamo, ancora, una volta il gioco degli uomini, non abbocchiamo a questo diffuso sentire di “laicizzare” tutto, pur di dimostrare che siamo moderne, libere, anti cattoliche: ragioniamo, pensiamo ponderiamo.
Chiediamo tutele maggiori, chiediamo l’istituzione di un vero e proprio Tribunale della Famiglia con personale formato ad hoc, che valuti situazione per situazione, perché se tutte le famiglie sono felici nello stesso modo, ognuna è diversa nella sua infelicità.
Recuperiamo il ruolo di genitore, di moglie, di marito, parliamo ,prima di alzare barriere, questo dobbiamo chiedere al legislatore: certezze e garanzie per tutti e tutte, che non discriminino, che mettano i padri, più che le madri, di fronte alle responsabilità di crescere i figli insieme nell’ambito di una famiglia, prima di allargarla.
Pensiamo a noi donne che in questo Paese , in un modo o nell’altro, fatta una legge, è sempre contro di noi, mai per noi, perché la cultura è ancora profondamente maschilista e, soprattutto, il potere economico è ancora largamente nelle mani maschili e coi soldi si vince sempre.
Chi costringerà un padre, una volta ottenuto il divorzio in 12 mesi, a curarsi dei figli? Chi lo obbligherà a vederli, pagargli gli alimenti? E se lei non lavora, chi lo obbligherà a versare regolarmente il mantenimento?
Una volta decretata la fine del vincolo matrimoniale, in 12 mesi, chi si farà carico dei nuovi single perché rispettino le disposizioni del Tribunale? Se spariscono, cambiano indirizzo, diventano latitanti, come ci difendiamo? Rischiando di essere noi denunciate per stalking, magari perchè vogliamo il mantenimento per i figli?
No, il divorzio breve non mina l’istituto della famiglia, mina la libertà e la parità della donna, ne condiziona le scelte in virtù di diritti acquisiti che rischia di perdere, riporata l’essere moglie indietro di un secolo e il tutto con l’entusiamo delle donne stesse, che a sbaglire sono bravissime da sole, nel continuo inseguire una obsoleta ideologia femminista che vuole si liberarci dalle catene  del matrimonio indissolubile di cattolica professione, ma mettendoci quelle dell’obbligo a scegliere in una sola direzione.
Non hanno accettato mai, gli italici, maschietti, il nostro diritto alla parità, per cui quale mezzo migliore per tenerci all’angolo se non il divorzio breve?
Ragazze, svegliamoci: diciamo sì al divorzio, ma a patto di una ben più profonda riforma del Diritto di Famiglia e dell’Istituzione di un Tribunale della Famiglia, di tutele e garanzie anche per i nostri figli, perché , va ricordato, come diceva mia Mamma con la saggezza delle donne anni ‘ 50, che hanno fatto studiare le figlie, prima dei figli..”LA PRIMA SCOPA LA CASA, LA SECONDA SIGNORA E’ CHIAMATA!”
Il messaggio nella sua rudezza, è chiaro ed esplicito: divorzio breve sì, ma per le donne non contro le donne!
 
Angela Ronchini
Presidente Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria.