Il 12 Maggio 1974 non potei votare per il
referendum sul divorzio, non avevo ancora 21 anni, la legge che porterà la
maggiore età a 18 anni è del Maggio 1975, 8 Maggio per la precisione, quella
che mi permise di sposarmi senza il consenso dei miei genitori, mi sposai il 26
Giugno 1975, ma fui una grande attivista tra quelle che non volevano l’abrogazione
della Legge del 1971.
Mi sembrava,
allora, di fare il bene dell’emancipazione femminile, della libertà di scelta
delle donne, insieme al diritto di scegliere se essere madri, la legalizzazione
dell’aborto, e il famoso “il corpo è mio e lo gestisco io”: non avevo capito
nulla.
Non avevo
capito che la Legge sul divorzio era una legge scritta dagli uomini per gli
uomini, nonostante alcune modifiche negli anni seguenti era ed è una legge
scritta dagli uomini per gli uomini.
Dopo 40 anni
,e l’esperienza sulla mia stessa pelle, mi rendo conto che non avevamo capito
nulla allora ed ancora, noi donne, non abbiamo capito nulla.
Oggi sento
commenti entusiasti di deputate sulla conquista del divorzio breve, solo che io
non ho più 20 anni e all’entusismo per quello che sembrava essere la
liberazione dalle catene del bigottismo religioso, oggi è subentrata la
saggezza dell’esperienza di vita, la consapevolezza che noi donne andiamo
incontro ancora una volta sventolando la bandiera del “io sono mia”, ad una
discriminazione enorme e di cui poi non sapremo fronteggiare le conseguenze che
saranno gravi solo ed esclusivamente per noi genere femminile.
Il divorzio
dovrebbe essere l’extrema ratio, la soluzione inevitabile dopo un percorso di
recupero, di dialogo, di superamento crisi.
Con troppa
facilitrà oggi, si dice basta alla prima difficoltà, al primo scontro si è pronte
a buttar via acqua sporca e bambino, senza soffermarsi sulle conseguenze di
quel “buttare via” che sono sempre a discapito solo ed esclusivo della donna.
Il divorzio
non è per le donne : E’ CONTRO LE DONNE!
Non
giudichiamo dai pochi clamorosi casi di coppie più o meno famose e ricche, il
divorzio riguarda per la maggior parte i comuni mortali, quelli che faticano a
mettere insieme il pranzo con la cena.
E lì la
donna viene discriminata. Pensate per un momento alla regola per cui la donna
mantiene i diritti successori e l’acquisizione della pensione di reversibilità
solo se titolare, post sentenza, di un assegno almeno alimentare.
Sapete cosa
vuol dire questo? Che nel 1971 si era stabilito che la donna non potesse
rifarsi una vita, perché lavorando o risposandosi avrebbe perso quell’assegno
che riconosceva il suo lavoro di prima moglie, perché, come molte donne, magari
si era abbandonata la propria carriera per fare ,appunto la moglie e la madre e
sostenere la carriera del marito.
Pensate ad
un divorzio dopo 30 anni di matrimonio, alla tenacia di lei che si ricostruisce
una vita lavorativa e perde quell’assegno: lui si risposa muore dopo pochi mesi dal matrimonio e tutto,
dico, tutto quello costruito nei lunghi 30 anni va alla nuova e breve moglie.
A questo va
aggiunto il dramma dei figli che difficilmente, nonostante il comune sentire di
psicoterapeuti di scuola sessantottina, accettano la fine del matrimonio dei
genitori e i nuovi compagni, indipendentemente dall’età che hanno.
Senza
contare che questo divorzio breve , che tanto piace alle deputate, pronte a
garantire la necessità di rifarsi nuovi
affetti, favorirà esclusivamente, o nella maggiore percentuale, gli uomini,
che, chissà perché, hanno sempre pronta in tasca la nuova compagna di vita,
minimamente turbati da cosa accade a quella precedente.
Allora
invece di parlare entusiaste di divorzio breve, parliamo di divorzio non
discriminante per la donna, parliamo di maggiori tutele per quelle donne che si
ritrovano divorziate dopo più di vent’anni di sacrifici , parliamo di riparare
prima di buttare.
Pensiamo sì
ad acellerare i tempi, ma dopo un percorso, cosa che esiste in tutti gli
ordinamenti giudiziari occidentali, di tentativo di recupero attraverso colloqui
con esperti, con qualcuno che ha “già vissuto”, per il bene della donna e,
soprattutto dei figli, il cui sentire non può non essere tenuto in
considerazione , qualunque età essi abbiano e che magari, per il loro bene, non
credete, care amiche deputate, i figli preferiscono la lite quotidiana che il
vedere i genitori divisi, tentano un nuovo approccio alla convivenza
matrimoniale, che può ricostruirsi, perché matrimonio, questo va detto alle
nuove generazioni, è sacrificio e rinuncia di un pezzo del proprio io a favore
dell’altro.
Pensiamo sì
ad accellerare i tempi, ma a stabilire regole che mettano la prima moglie in
primo piano: quanti uomini approccerebbero un secondo matrimonio sapendo , che
il loro spirito di vendetta, coccerebbe contro la regola che alla seconda
moglie i diritti successori vengono assegnati solo dopo che il matrimonio abbia
circumnavigato la boa della metà più uno degli anni del primo?
Pensiamo sì
ad accellerare i tempi, ma riconoscendo quelli del primo e riconoscendo alla
donna il diritto a rifarsi una vita lavorativa ed affettiva , senza perdere i
diritti acquisiti col matrimonio, senza essere cancellata come non fosse mai
esistita.
Se non poniamo
queste basi, costringiamo nuovamente le donne a lasciare il lavoro, le
carriere, le riconduciamo nelle cucine per assecondare la voglia di nuovo di
qualche maschietto in crisi di identità.
Allora non
facciamo, ancora, una volta il gioco degli uomini, non abbocchiamo a questo
diffuso sentire di “laicizzare” tutto, pur di dimostrare che siamo moderne,
libere, anti cattoliche: ragioniamo, pensiamo ponderiamo.
Chiediamo
tutele maggiori, chiediamo l’istituzione di un vero e proprio Tribunale della Famiglia
con personale formato ad hoc, che valuti situazione per situazione, perché se
tutte le famiglie sono felici nello stesso modo, ognuna è diversa nella sua
infelicità.
Recuperiamo
il ruolo di genitore, di moglie, di marito, parliamo ,prima di alzare barriere,
questo dobbiamo chiedere al legislatore: certezze e garanzie per tutti e tutte,
che non discriminino, che mettano i padri, più che le madri, di fronte alle
responsabilità di crescere i figli insieme nell’ambito di una famiglia, prima
di allargarla.
Pensiamo a
noi donne che in questo Paese , in un modo o nell’altro, fatta una legge, è
sempre contro di noi, mai per noi,
perché la cultura è ancora profondamente maschilista e, soprattutto, il potere
economico è ancora largamente nelle mani maschili e coi soldi si vince sempre.
Chi costringerà
un padre, una volta ottenuto il divorzio in 12 mesi, a curarsi dei figli? Chi
lo obbligherà a vederli, pagargli gli alimenti? E se lei non lavora, chi lo
obbligherà a versare regolarmente il mantenimento?
Una volta
decretata la fine del vincolo matrimoniale, in 12 mesi, chi si farà carico dei
nuovi single perché rispettino le disposizioni del Tribunale? Se spariscono,
cambiano indirizzo, diventano latitanti, come ci difendiamo? Rischiando di
essere noi denunciate per stalking, magari perchè vogliamo il mantenimento per
i figli?
No, il
divorzio breve non mina l’istituto della famiglia, mina la libertà e la parità
della donna, ne condiziona le scelte in virtù di diritti acquisiti che rischia
di perdere, riporata l’essere moglie indietro di un secolo e il tutto con l’entusiamo
delle donne stesse, che a sbaglire sono bravissime da sole, nel continuo inseguire
una obsoleta ideologia femminista che vuole si liberarci dalle catene del matrimonio indissolubile di cattolica
professione, ma mettendoci quelle dell’obbligo a scegliere in una sola
direzione.
Non hanno
accettato mai, gli italici, maschietti, il nostro diritto alla parità, per cui
quale mezzo migliore per tenerci all’angolo se non il divorzio breve?
Ragazze,
svegliamoci: diciamo sì al divorzio, ma a patto di una ben più profonda riforma
del Diritto di Famiglia e dell’Istituzione di un Tribunale della Famiglia, di
tutele e garanzie anche per i nostri figli, perché , va ricordato, come diceva
mia Mamma con la saggezza delle donne anni ‘ 50, che hanno fatto studiare le
figlie, prima dei figli..”LA PRIMA SCOPA LA CASA, LA SECONDA SIGNORA E’
CHIAMATA!”
Il messaggio
nella sua rudezza, è chiaro ed esplicito: divorzio breve sì, ma per le donne
non contro le donne!
Angela
Ronchini
Presidente
Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria.