martedì 20 novembre 2012

SOSTENIAMO ILEANA...E' TUTTE NOI!




 NON POSSIAMO TOGLIERE IL DOLORE ED IL RICORDO AD ILEANA, MA POSSIAMO FARLE SENTIRE CHE NON E' SOLA: VENERDI' 23 DAVANTI IL TRIBUNALE DI MILANO IN TANTE PER DIRE BASTA A RINVII....

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Lei si chiama Ileana Zacchetti, ha 52 anni ed è assessore alle Politiche sociali e alle Pari opportunità del Comune di Opera, nel milanese. Lui ha una professione di prestigio e un nome che qui non sarebbe giusto ricordare. Oggi quel pomeriggio di settembre di due anni fa pare lontano anni luce. A ottobre Ileana incontrerà di nuovo il suo Lui. In un’aula di tribunale. Prima udienza per un processo in cui si parlerà di maltrattamenti, violenze, lesioni aggravate. E di un dolore profondo.
Eppure quel giorno, a Firenze, Ileana in quell’anello aveva letto una promessa di felicità. Non sono stati solo i brillanti a sedurla. Forse un desiderio, un’attesa. La donna impegnata, dopo anni, si concedeva di cedere a un’emozione.
«La mia è stata una vita complicata — racconta — Ora ho due figlie grandi. Da quando io e mio marito ci siamo lasciati, 13 anni fa, avevo pensato sempre e solo a loro. Non volevo che una relazione potesse turbare la loro crescita di ragazze che avevano già dovuto affrontare la separazione dei genitori. Ma di fronte a quell’anello, a quel corteggiamento, a quelle dozzine di rose che arrivavano in ufficio accolte dallo stupore delle mie collaboratrici, mi sono lasciata andare alla speranza di una felicità sognata da sempre. Ho pensato che, infine, fosse, arrivata anche per me la stagione del sorriso».
Ileana convive dalla nascita con una forma di displasia bilaterale che comporta serie difficoltà nel camminare e la costringe a usare una stampella. Ma è maestra nel darsi coraggio. A tratti pare abbia la capacità di trasformare la sofferenza in un carburante per affrontare nuove e faticose imprese. Naturalmente a Opera l’assessora è molto conosciuta e stimata. «Mi sono chiesta se non fosse il caso di fare finta di nulla e non denunciare. Ma me ne sarei vergognata — racconta oggi —. Chi può andare fino in fondo se non le persone che come me hanno un ruolo pubblico e credono in ciò che fanno? Lo devo alle donne e agli uomini che incontro ogni giorno».
E allora avanti con un racconto sempre più sofferto:
«Già diverse volte lui aveva avuto nei miei confronti comportamenti violenti: spintoni, urla, offese. Anche solo un sorriso a chi si avvicinava per chiedermi un aiuto, un intervento a favore di una famiglia in difficoltà, poteva bastare perché si scatenasse l’inferno. Avrei dovuto ribellarmi subito; invece ho inghiottito lacrime e umiliazione. Poi, però, arrivavano di nuovo fiori, scuse, abbracci. E io tornavo a sperare».
Questo fino a un tremendo pomeriggio di primavera dell’anno anno scorso. «Eravamo a casa sua, avevamo litigato per l’ennesima volta — continua Ileana -. Questa volta gli presi il viso tra le mani e gli dissi: «Adesso basta, tra noi è finita». Pugni, schiaffi. Sono caduta a terra. Mi ha rimesso in piedi tirandomi su per i capelli. Ancora schiaffoni. Nelle sue mani ero un burattino rotto. Poi mi ha presa per il collo. Ha aperto la porta e mi ha gettata fuori, verso la balaustra del pianerottolo. Per fortuna porto il cellulare sempre in tasca. Sono scesa come ho potuto. In quel momento non ragionavo più, tutto era confuso: i ricordi si mischiavano al dolore e all’umiliazione. A chi rivolgermi? Le mie figlie no, non volevo farmi vedere da loro in quelle condizioni, anche se più tardi, alla prova dei fatti, non le ho potute difendere dal dolore immenso che provavo. Arrivata a casa ho chiuso la porta dietro di me. E mi sono buttata per terra, travolta dalla disperata consapevolezza di quanto avevo subito».
Ora Ileana sta facendo il massimo per dotare il suo territorio di servizi adeguati per le donne decise a reagire ai maltrattamenti dei loro uomini.
«Ho sperimentato sulla mia pelle come i pronto soccorso, non specializzati in casi del genere, spesso non siano attrezzati per affrontare situazioni così delicate sul piano psicologico. L’informazione dei servizi e delle associazioni esistenti non sono sufficientemente supportate e conosciute dalle persone in difficoltà e bisognerebbe rafforzarne la rete sul territorio. Il lavoro da fare è tanto. E io ho giurato alle mie figlie che andrò fino in fondo».
Rinvio dell’udienza dal 26 ottobre al 23 novembre,ora ennesimo rinvio … a quando??? E la tortura prosegue.
Ileana

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