Stalking e violenza, ho chiesto alla Cancellieri come intenda sensibilizzare e formare meglio i giudici
Deborah Bergamini“I drammatici fatti di cronaca che si susseguono
dall’inizio dell’anno, ultimo dei quali l’uccisione di una giovane donna
ieri a Palermo, confermano come ci sia ancora molto da fare per la
prevenzione della violenza sulle donne. Da un punto di vista culturale,
certo, ma anche da quello dell’applicazione della normativa esistente.
Troppo spesso, infatti, i tribunali non prendono provvedimenti nei
confronti degli stalker fino a quando questi non passano alla violenza
fisica. Ma a quel punto può essere troppo tardi.
Il nostro
ordinamento, invece, già prevede l’istituto della diffida che, però,
nella maggior parte dei casi, viene applicato dai giudici solo quando il
persecutore passa dalla violenza psicologica a quella fisica. Il
risultato, sotto gli occhi di tutti, è che le donne continuano ad essere
vessate, e financo uccise, anche dopo aver denunciato. Lo stato,
insomma, le lascia sole, e questo non può e non deve accadere. Per
questo ho presentato un’interrogazione al ministro Cancellieri, per
sapere come intenda agire per sensibilizzare e preparare meglio gli
organi giudiziari competenti ad affrontare casi di questo genere“.
Di seguito il testo dell’interrogazione:
Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
lo stalking è un fenomeno molto diffuso nel nostro Paese. Secondo i
dati Istat del 2006 quasi il 50 per cento delle donne vittime di
violenza fisica o sessuale ha subito comportamenti persecutori, 937 mila
donne hanno subito violenza fisica o sessuale e stalking. A queste
vanno aggiunte 1 milione 139 mila donne che hanno subito stalking ma non
violenze fisiche o sessuali, per un totale di 2 milioni 77 mila donne
vittime di stalking dall’ex partner, il 18,8 per cento del totale. Tra
le donne che hanno subito una violenza fisica o sessuale da ex partner
la percentuale di stalking arriva al 48,8 per cento;
nell’80 per cento dei casi lo stalker occupa una buona posizione sociale ed ha un elevato livello di istruzione;
la legislazione italiana in materia risulta essere tra le più avanzate
in Europa, con una buona rete di supporto, che va dalla legge 15
febbraio 1996, n. 66, «Norme contro la violenza sessuale», alla legge 4
aprile 2001, n. 154, «Misure contro la violenza nelle relazioni
familiari», al decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, «Misure urgenti in
materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale,
nonché in tema di atti persecutori», convertito dalla legge 23 aprile
2009, n. 38, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24 aprile
2009;
lo stalking, spesso, non colpisce soltanto la vittima
diretta ma anche i suoi familiari. Esso, inoltre, può tramutarsi da
violenza psicologica in violenza fisica, giungendo fino anche
all’uccisione della vittima: il 15 cento dei femminicidi è preceduto da
denunce per stalking;
inoltre, un persecutore su tre torna a
colpire, mentre la durata media di un processo penale nel nostro Paese è
di 3 anni e mezzo, a cui si deve aggiungere almeno un anno e mezzo di
fase istruttoria;
al di là delle croniche lungaggini del
processo italiano, che meriterebbero una interrogazione a parte, è sotto
gli occhi di tutti la palese scollatura tra normativa in fatto di
stalking e violenza e la sua attuazione, scollatura dovuta spesso
all’impreparazione della magistratura che, ad avviso delle interroganti,
si dimostra poco addestrata soprattutto nei casi di stalking — in cui
la violenza è psicologica e, quindi, meno visibile — tendendo a
sottostimarne la gravità e, dunque, a non prendere misure per tutelare
le vittime mettendo i persecutori in condizione di non nuocere più, con
il risultato che spesso la diffida del persecutore, prevista dalla
legge, arriva solo quando questi è passato alla violenza fisica;
ma il reato di «atti persecutori» (stalking), come previsto
dall’articolo 612-bis codice penale, non fa riferimento ad aggressioni
fisiche di alcun genere, bensì a minacce e/o molestie reiterate e,
dunque, la diffida dovrebbe essere concessa quando sussistono specifici
elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione delle
minacce e/o delle violenze;
una tale, ad avviso delle
interroganti, corretta applicazione della legge assicurerebbe
un’efficace e rapida messa in protezione della vittima, che spesso
continua ad essere perseguitata anche dopo il deposito della querela,
nelle more delle indagini preliminari e persino durante la celebrazione
del processo;
la diffida, che ha lo scopo di far cessare le
persecuzioni e non farle trasformare in violenza fisica, può a ragione
essere ritenuta una misure di prevenzione. Sono numerosi, infatti, i
fatti di cronaca che raccontano di aggressioni, violenze e uccisioni
compiuti dallo stalker che poteva e doveva essere fermato prima di
diventare un aggressore, un violentatore, un omicida;
il
decreto legislativo n. 26 del 2006 prevede l’istituzione della scuola
superiore della magistratura, alla quale è attribuita in via esclusiva
la competenza in materia di aggiornamento e formazione dei magistrati, e
che, ad oggi, non risulta pienamente operativa;
l’articolo 5
del medesimo decreto legislativo prevede che il comitato direttivo della
scuola adotti e modifichi il programma annuale della didattica tenuto
conto delle linee programmatiche proposte annualmente dal CSM e dal
Ministro della giustizia –:
quali iniziative il Ministro
interrogato nell’ambito della sua competenza intenda intraprendere per
formare e sensibilizzare la magistratura sul tema dello stalking, in
modo da rendere pienamente operativa la normativa italiana e garantire
le vittime."
E' la petizione che già aveva suscitato l'interesse del
Ministero Cancellieri...ed ora è interrogazione..le donne non si
arrendono mai!
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