lunedì 15 luglio 2013

NON CI FERMIAMO MAI!

  • Stalking e violenza, ho chiesto alla Cancellieri come intenda sensibilizzare e formare meglio i giudici

    Deborah Bergamini“I drammatici fatti di cronaca che si susseguono dall’inizio dell’anno, ultimo dei quali l’uccisione di una giovane donna ieri a Palermo, confermano come ci sia ancora molto da fare per la prevenzione della violenza sulle donne. Da un punto di vista culturale, certo, ma anche da quello dell’applicazione della normativa esistente.

    Troppo spesso, infatti, i tribunali non prendono provvedimenti nei confronti degli stalker fino a quando questi non passano alla violenza fisica. Ma a quel punto può essere troppo tardi.

    Il nostro ordinamento, invece, già prevede l’istituto della diffida che, però, nella maggior parte dei casi, viene applicato dai giudici solo quando il persecutore passa dalla violenza psicologica a quella fisica. Il risultato, sotto gli occhi di tutti, è che le donne continuano ad essere vessate, e financo uccise, anche dopo aver denunciato. Lo stato, insomma, le lascia sole, e questo non può e non deve accadere. Per questo ho presentato un’interrogazione al ministro Cancellieri, per sapere come intenda agire per sensibilizzare e preparare meglio gli organi giudiziari competenti ad affrontare casi di questo genere“.

    Di seguito il testo dell’interrogazione:

    Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

    lo stalking è un fenomeno molto diffuso nel nostro Paese. Secondo i dati Istat del 2006 quasi il 50 per cento delle donne vittime di violenza fisica o sessuale ha subito comportamenti persecutori, 937 mila donne hanno subito violenza fisica o sessuale e stalking. A queste vanno aggiunte 1 milione 139 mila donne che hanno subito stalking ma non violenze fisiche o sessuali, per un totale di 2 milioni 77 mila donne vittime di stalking dall’ex partner, il 18,8 per cento del totale. Tra le donne che hanno subito una violenza fisica o sessuale da ex partner la percentuale di stalking arriva al 48,8 per cento;

    nell’80 per cento dei casi lo stalker occupa una buona posizione sociale ed ha un elevato livello di istruzione;

    la legislazione italiana in materia risulta essere tra le più avanzate in Europa, con una buona rete di supporto, che va dalla legge 15 febbraio 1996, n. 66, «Norme contro la violenza sessuale», alla legge 4 aprile 2001, n. 154, «Misure contro la violenza nelle relazioni familiari», al decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», convertito dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24 aprile 2009;

    lo stalking, spesso, non colpisce soltanto la vittima diretta ma anche i suoi familiari. Esso, inoltre, può tramutarsi da violenza psicologica in violenza fisica, giungendo fino anche all’uccisione della vittima: il 15 cento dei femminicidi è preceduto da denunce per stalking;

    inoltre, un persecutore su tre torna a colpire, mentre la durata media di un processo penale nel nostro Paese è di 3 anni e mezzo, a cui si deve aggiungere almeno un anno e mezzo di fase istruttoria;

    al di là delle croniche lungaggini del processo italiano, che meriterebbero una interrogazione a parte, è sotto gli occhi di tutti la palese scollatura tra normativa in fatto di stalking e violenza e la sua attuazione, scollatura dovuta spesso all’impreparazione della magistratura che, ad avviso delle interroganti, si dimostra poco addestrata soprattutto nei casi di stalking — in cui la violenza è psicologica e, quindi, meno visibile — tendendo a sottostimarne la gravità e, dunque, a non prendere misure per tutelare le vittime mettendo i persecutori in condizione di non nuocere più, con il risultato che spesso la diffida del persecutore, prevista dalla legge, arriva solo quando questi è passato alla violenza fisica;

    ma il reato di «atti persecutori» (stalking), come previsto dall’articolo 612-bis codice penale, non fa riferimento ad aggressioni fisiche di alcun genere, bensì a minacce e/o molestie reiterate e, dunque, la diffida dovrebbe essere concessa quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione delle minacce e/o delle violenze;

    una tale, ad avviso delle interroganti, corretta applicazione della legge assicurerebbe un’efficace e rapida messa in protezione della vittima, che spesso continua ad essere perseguitata anche dopo il deposito della querela, nelle more delle indagini preliminari e persino durante la celebrazione del processo;

    la diffida, che ha lo scopo di far cessare le persecuzioni e non farle trasformare in violenza fisica, può a ragione essere ritenuta una misure di prevenzione. Sono numerosi, infatti, i fatti di cronaca che raccontano di aggressioni, violenze e uccisioni compiuti dallo stalker che poteva e doveva essere fermato prima di diventare un aggressore, un violentatore, un omicida;

    il decreto legislativo n. 26 del 2006 prevede l’istituzione della scuola superiore della magistratura, alla quale è attribuita in via esclusiva la competenza in materia di aggiornamento e formazione dei magistrati, e che, ad oggi, non risulta pienamente operativa;

    l’articolo 5 del medesimo decreto legislativo prevede che il comitato direttivo della scuola adotti e modifichi il programma annuale della didattica tenuto conto delle linee programmatiche proposte annualmente dal CSM e dal Ministro della giustizia –:

    quali iniziative il Ministro interrogato nell’ambito della sua competenza intenda intraprendere per formare e sensibilizzare la magistratura sul tema dello stalking, in modo da rendere pienamente operativa la normativa italiana e garantire le vittime."
    E' la petizione che già aveva suscitato l'interesse del Ministero Cancellieri...ed ora è interrogazione..le donne non si arrendono mai!

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